6. set, 2022
Non so se è così per tutti o se la cervellotica che è in me come al solito fa gli straordinari, ma tante volte mi chiedo come mi vedono gli altri, come appaio loro quando fanno la mia conoscenza. Probabilmente a causa anche dei miei trascorsi da DCA per me la disperazione corporea è una vecchia e amara conoscenza, e mentre sono nettamente consapevole di come sono gli altri, non riesco a capire come gli altri invece vedano me. Cosa leggono nei miei occhi? Cosa comunica il mio corpo, il mio linguaggio non verbale? Gesticolo tanto, sorrido tanto, le mie strette di mano sono solide e parlo in continuazione con chiunque, per un confronto, una battuta, un commento. Troppo? Bah.. Non ho tanti riscontri ahimè, tranne che solitamente sono ben accetta nei gruppi di lavoro in cui entro a far parte, tranne qualche eccezione che mi ha procurato non pochi problemi di autostima. Tendo sempre a ricordare le critiche pesanti, i commenti negativi sul mio operato, mentre come Dory dimentico immediatamente un complimento o una lode e penso che non me lo merito, che probabilmente è stato un mero caso che abbia centrato l' obiettivo. Invece, se sbaglio, è solo colpa mia, non c' è scusa che tenga, ho sbagliato e il silicio è già in funzione per colpirmi più e più volte senza pensarci. Ho sbagliato. Sono sbagliata. Non ne faccio una giusta.
L' anno scorso ho conosciuto tante persone nuove, tutte armate di mascherina, tutte con i connotati nascosti da questi arnesi malefici che non permettevano di costruire interamente la fisionomia di una persona, un dramma. C' erano gli occhi, è vero, che sono una delle parti più importanti per capire una persona, si dice. Non è davvero così però, se si ha poi interdetto tutto il resto del viso. Attendevo con impazienza l' ora della merenda, per vedere adulti e bambini mangiare o bere qualcosa e finalmente, calare la maschera e capire cosa ci fosse sotto. Labbra sottili o carnose, denti diritti, mento prominente o sfuggente, affetti da ceretta mancata tanto c' è la mascherina a proteggere l' ambaradan. La domanda che mi sono sempre posta in questi mesi è stata se anche gli altri, verso di me, avevano la stessa curiosità di scorprirmi e capire cosa ci fosse sotto quel pezzo di tessuto non tessuto. Volevano davvero conoscermi in tutta la mia interezza, o a differenza mia bastava loro quello che potevano vedere? Lo so, lo so, state sbuffando e pensando che queste sono domande da una che ha il criceto impazzito che corre sulla ruota oltrepassando i limiti di velocità, ma sono fatta così. sarà che assorbo dagli altri i loro umori, empatizzo con le loro diverse sensibilità, ma spesso mi rendo conto che non è così per tutti. Sono una grande osservatrice, lo spazio che una persona occupa, come lo occupa, mi dice tanto su di lei. Se è sedentaria o atletica, se è remissiva o sfrontata, ci sono caratteristiche che mi entrano sotto pelle come la corrente e arrivano direttamente ai miei sensi facendo registrare al primo impatto informazioni che altri non colgono. E' stancante conoscere così la gente, perché per ognuna di loro tendo a fare un quadro completo anche se poi magari nemmeno la rivedrò, ma sono affamata di queste sensazioni, e mai sazia. In poco tempo, con qualche pennellata assestata nei punti giusti, creo il ritratto di chi mi sta di fronte e capisco come comportarmi di conseguenza. Come dicevo, è dura approcciarmi così, perché è un continuo cercare e provare emozioni diverse, ma penso che se fossi diversa mi perderei tante cose, tante sfumature delle persone che invece ho bisogno di incamerare e metabolizzare, fare mie e poi riorganizzare per avere il quadro della situazione. Sicuramente anche questo fa parte della mia mania di controllo, e di certo non sempre è una cosa positiva, mi alleno alla superficialità spicciola ma rimango schiacciata dalla profondità dei miei pensieri 8 volte su 10. Ho imparato ad adattarmi, a cercare di distaccarmi, non sempre ci riesco ma il compitino lo porto a casa, qualche volta, con una risicata sufficienza. In questi giorni di inizio scuola il mio lavoro mi porterà ad incontrare tante persone nuove, qualcuna farà insieme a me un anno o più di cammino, qualcuna sarà di passaggio e lascerà una breve scia, e cercherò di dare uno sguardo generale ad ognuno di loro. La domanda di cosa comunico io agli altri termina con un grosso, grosso punto interrogativo: spesso mi sento un libro aperto, ma sarà davvero così? Qual è la prima impressione che suscito negli altri? E soprattutto, c' è qualcun' altro che si fa tutte queste domande del cavolo????