2. set, 2022
Alla fine della corsa vado al mio lampione, che detta così non è tanto bella, come frase, ma mi spiego. Durante la preparazione del passatore sono incappata in una bella farcite plantare che mi ha stoppata per qualche giorno e costretta a fare quella cosa che ogni runner o quasi vede con terrore e come una gran perdita di tempo: Sua Maestà lo stretching. Niente di più sbagliato considerarlo tale, è una manna dal cielo. Mi sono abituata così, su consiglio del mio saggio fisioterapista, ad aggrapparmi al palo che cresce proprio in corrispondenza del gradino del marciapiede e fare stretching per i polpacci e il tendine d' Achille, perché "è tutto collegato!" e anche la pianta del piede ne giova. Ho imparato a prendermi quesi 5 minuti scarsi e, mentre lo faccio, passo in rassegna la corsa appena fatta, ci faccio sopra le mie riflessioni e considerazioni, e intanto sento le sensazioni che il mio corpo mi manda subito dopo l' allenamento. Anche per questo non ne posso più fare a meno, è una sorta di momento catartico che separa la fine della seduta dal' inizio di tutto il resto della giornata. Si chiude la prima parte e si aprono tutte le altre. Saranno finestre temporali lunghe, impegnative e stressanti, ma questi momenti solo miei mi daranno l' energia per affrontarle serenamente. Ogni runner ha i suoi riti, che non vanno commentati, derisi o ostacolati. Ognuno di noi si crea un percorso fisico e mentale che permette di affrontare al meglio l' allenamento di quel giorno, la gara in programma, o anche una semplice corsa di scarico. Piccoli gesti che ci rassicurano, ci aiutano a pensare che anche stavolta andrà tutto bene. Io non cambierò il mio lampione, perché anche grazie a lui sono riuscita a correre il Passatore, davanti a lui sono passati tanti pensieri, a volte bui, a volte di sollievo per non sentire più il male, ho pianto e pensato e sorriso. Ha raccolto con il suo grigio tinteggio i miei umori e tutte le loro sfumature, come uno psicologo cui raccontare i fatti propri, che tace e ascolta solo. Un sollievo, farsi ascoltare da qualcuno che non giudica. Con la sua muta partecipazione mi ha sorretta durante gli esercizi, durante la preparazione, mi ha accolta e sostenuta, nel vero senso della parola. Non è granché poetico abbracciare un palo di metallo, ma ad ogni cosa, anche inanimata, a volte è importante per noi dare una certa importanza, a seconda delle circostanze che ce la fanno utilizzare. Vaneggiamento? Può essere, ma va bene così, perché io al mio lampione sono affezionata, fa parte dell' ambiente in cui corro che ahimè non è in mezzo ad un bellissimo parco di alberi secolari o di fronte al mare o sulle rive di un lago. Ma è il mio posto, che mi permette di esprimermi nella corsa e arrivare ai miei obiettivi. Non sminuiamo mai ciò che ci circonda, perché è li che si forma ciò che siamo.