27. ago, 2022
Mio nonno era un muratore, costruiva palazzi, tirava su muri, modellava le scale dei condomini, e mi ha insegnato a contarle. Nel nostro palazzo, costruito da lui, i gradini per arrivare al nostro appartamento erano 47: una prima rampa di 7 e poi altre 4 da 10. Le contavo ogni volta, mentre le salivo, mentre quando scendevo andavo a rotta di collo e non avevo tempo. Ho fatto i gradini uno alla volta, due alla volta, tre alla volta, per divertimento mio, per scommettere con gli amici del cortile, per vedere fino a che punto la mia gamba arrivava. Le scale erano il nostro rifugio nelle giornate estive di pioggia: qualche goccia era la scusa buona per rintanarsi tra i pianerottoli e inventare giochi che in giardino non potevamo fare, cercando di disturbare il meno possibile, che poi le nostre urlate da parte di nonni e genitori ce le beccavamo uguale. Era rassicurante l' odore che c' era, un misto di tutti gli odori dei diversi appartamenti, che si univano in uno solo, strano e particolare, che colpiva il naso ogni volta che rientravo. E più tempo stavo lontano, più forte lo sentivo.
Nel palazzo dove abito ora i gradini sono 20: 10 la prima rampa, 1 e poi altri 9 la seconda. Una divisione strana che la prima volta mi ha destabilizzato, ma mi sto abituando a contarli. Li conto in ogni posto in cui vado, una scuola, un ufficio, perché se faccio le scale vuol dire che sto andando da qualche parte, salgo e scendo e misuro la loro rapidità, la grandezza del passo, il materiale.
E' facile paragonare le scale al saliscendi della vita, che a volte ti sembra andare verso il piano più lussuoso, l' attico, altre verso la cantina, che può essere buia e umida ma anche la custode di ricordi, il posto in cui tengo le valigie per un viaggio, o le sedie per la stagione estiva da mettere sul balcone. Ognuno di noi possiede dentro tutti i piani di un palazzo, e anche i loro abitanti. C' è il nostro io pettegolone del piano terra, che tutto vede ed è attento al passaggio di chiunque, c' è quello che si crede l' amministratore e tenta di governare con pugno di ferro pur non avendo la qualifica per farlo. C'è il timido che non spiaccica parola con nessuno, quello che ha dei segreti, il casinista che ogni due per tre bisogna sbattere la scopa sul soffitto per fargli abbassare il tono della festa. Ognuno di noi interpreta in giorni diversi questi folcloristici personaggi urbani, che possono litigare per il portone chiuso male o convivere in armonia cercando il compromesso e il punto d' incontro, nonostante le differenze di ceto, usi e costumi magari agli antipodi. Siamo gli abitanti del nostro palazzo, che sia una villetta bifamiliare, un condominio storico in centro, un caseggiato enorme con tanta vita al suo interno. E le scale, che saliamo e scendiamo e non smettiamo mai di contare.