27. mag, 2022
E poi giro la testa a destra, e la vedo: la luna che spunta da una collina delle colline ormai in terra romagnola. Mancano 12 km ai 100, ma non sono stanca, anzi, non vedo l' ora di arrivare, per abbracciare Davide che mi aspetta, per vedere com' è la piazza di Faenza quando alle quasi quattro di mattina continua ad accogliere chi arriva, i reduci di questa straordinaria e folle avventura. Una delle cose continuo a pensare è che le 12 ore passate siano state un lampo. Un minuto fa ero in piazza duomo a Firenze, e ora sono arrivata. Già? Che mi sia sognata tutto? Perché ad un certo punto viene da pensarlo. Mentre scendevo dal passo della Colla, intorno a me era buio, sentivo il torrente che gorgogliava ma non lo vedevo, sentivo le rane che gracidavano placide sulle sue rive. Sentivo le foglie degli alberi muoversi al vento, quasi volessero commentare il nostro passaggio. Sono abituata a correre la mattina molto presto, ma conosco ogni singolo passo che faccio, mentre in quel momento mi affidavo solo ai miei sensi e alla mia luce frontale. Vedevo altre lucette saltellare davanti a me, quelle delle torce o dei fanali delle biciclette accompagnatrici, ogni tanto un paese arroccato più in alto o più in basso rispetto alla mia posizione. Civiltà, umanità, un tè caldo mai così apprezzato. Il tifo dei ragazzi del bar, una canzone che proviene dalla' interno del locale, i bambini che ringraziano perché al mio passaggio do loro un cinque, e sono io a ringraziare loro. Tutto questo per me è magia, tutto questo è quello che speravo il brigante mi avrebbe donato e non mi ha certamente deluso, anzi. Avevo paura, tanta, un viaggio verso le colonne d' Ercole dei miei limiti fisici e mentali. Dopo i 50 chilometri mi aspettavano solo degli interrogativi immensi, mi sentivo legata per la caviglia alla corda del bungee jumping, incapace di decidere se buttarmi o meno. Cosa ci sarebbe stato dopo? Non c' era possibilità di previsione, ma solo un mantra in testa: FAI UN PASSO DOPO L' ALTRO. Cioè la raccomandazione di Davide, la risposta a tutti i miei fantasmi. E così ho fatto. Mi sono ascoltata, mi sono SENTITA. Ad ogni ristoro facevo un check di come stavo: stomaco a posto, si ho sete ma è gestibile, di energie me ne sento ancora, la caviglia fa maluccio ma quella forse era l' unica cosa certa. Ho abbracciato il dolore, l' ho tenuto con me insieme alla fatica e mi ha dato la forza per mettere un piede avanti all' altro. E con questa strategia entro a Faenza, dove inaspettatamente c' è tanta gente. Sulle rotonde delle strade, sulle ciclabili, mi applaudono e io piango, mi incitano e io ringrazio. 99 chilometri, e all' ultimo, nonostante sia il centesimo, qualcuno tenta lo sprint finale, acceleriamo, e la piazza è lì davanti a me, illuminata ad arte, lo speaker che annuncia i numeri di chi arriva. 1207, sono io, è la Chiara, quella che si imboscava negli spogliatoi della scuola per saltare la corsa campestre, quella che si dichiarava incapace di correre, l' allergica che fatica a respirare, in primavera, e deve prendere l' antistaminico anche per andare a fare la spesa. La Chiara che vive, ama, soffre, pensa, spera. Tutta condensata sotto quel traguardo, insperato e atteso, temuto, odiato, desiderato.
Un traguardo intermedio, perché adesso ne arriveranno altri, da sperare, attendere, odiare e desiderare.